18/09/2025 - 18/09/2027
Negli ultimi anni il Revenue Management è diventato una parola chiave nel lessico di molti albergatori. Spesso viene percepito come la panacea per incrementare il fatturato e migliorare le performance della struttura. Tuttavia, applicato senza una corretta comprensione dei numeri e delle dinamiche aziendali, rischia di trasformarsi in un boomerang capace di compromettere seriamente la sostenibilità economica di un hotel.
L’errore di fondo: confondere il fatturato con il risultato
Molti imprenditori alberghieri associano il successo unicamente alla crescita del fatturato. In realtà, un aumento dei ricavi non equivale automaticamente a un incremento degli utili.
Se manca la capacità di distinguere correttamente tra costi fissi e costi variabili, ogni strategia di pricing rischia di essere inefficace. Un albergo a piena occupazione ma con tariffe troppo basse può generare volumi interessanti di incasso, ma contemporaneamente far esplodere i costi variabili (colazioni, lavanderia, utenze, manutenzioni, personale extra).
Il risultato? Un incremento dei ricavi accompagnato da una marginalità in caduta libera.
Tariffe basse: un danno al brand e alla redditività
Un’altra convinzione diffusa è che la tariffa bassa sia uno strumento di protezione e di acquisizione della domanda. Nulla di più sbagliato:
La tariffa bassa non tutela il brand, ma al contrario lo svaluta, riducendo la percezione di qualità agli occhi del cliente. In periodi di bassa stagione, anche un’occupazione elevata non è in grado di assorbire i costi fissi dell’hotel (affitto, mutuo, ammortamenti, personale minimo garantito). In questo scenario, la rincorsa al riempimento rischia di generare perdite più ingenti rispetto a una gestione più selettiva della domanda.
La falsa sicurezza della piena occupazione
Molti operatori si sentono rassicurati vedendo l’hotel pieno. Ma un’occupazione elevata non è sinonimo di redditività:
Ogni camera venduta a tariffa marginale comporta un incremento dei costi variabili, la saturazione forzata può generare stress operativo e calo del servizio, con effetti negativi sulla reputazione online, la compressione tariffaria danneggia la capacità futura di posizionamento sul mercato.
Revenue Management o “ghigliottina”?
Il Revenue Management nasce come strumento utile a massimizzare i ricavi, ma deve essere inserito in un contesto di analisi economico-finanziaria. Se adottato in modo acritico, rischia di diventare una vera e propria ghigliottina: l’hotel lavora di più, ma guadagna meno, fino a compromettere la sua stessa sopravvivenza.
La soluzione: partire dalla diagnosi
Per evitare questi errori, è fondamentale comprendere che il Revenue Management non può essere considerato un punto di partenza, ma al massimo un punto di arrivo. Prima occorre analizzare in profondità la situazione aziendale, individuare le reali aree di inefficienza e solo successivamente introdurre politiche tariffarie adeguate.
Ed è proprio per questo che Investhotel Capital Partners in ogni progetto inizia sempre con un’analisi dettagliata volta all’individuazione dei problemi. Come un medico prima effettua la diagnosi e poi procede con la terapia, così un consulente deve leggere i numeri, distinguere i costi, valutare le marginalità e infine costruire la strategia.
Solo in questo modo il Revenue Management può trasformarsi da rischio a vera opportunità di crescita.
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Roberto Necci
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