26/09/2025 - 26/09/2028
Quando si parla di sviluppo alberghiero in Italia si pensa spesso alla capacità degli imprenditori, alla qualità della gestione o all’attrattività delle destinazioni turistiche. C’è però un fattore meno visibile, ma decisivo, che può accelerare o bloccare la crescita del settore: i piani regolatori comunali (PRG).
Questi strumenti urbanistici stabiliscono cosa, come e dove si può costruire, ristrutturare o riconvertire. In pratica, determinano se un progetto alberghiero può diventare realtà o restare solo sulla carta.
Uno dei primi ostacoli è la destinazione d’uso degli immobili.
Se un edificio è classificato come residenziale o commerciale, trasformarlo in hotel richiede una variante urbanistica, con procedure spesso lunghe e complesse. Questo frena molti investimenti e rende difficile riutilizzare immobili vuoti o obsoleti, come uffici non più funzionali, scuole dismesse o capannoni.
Un altro vincolo riguarda gli indici edificatori, che stabiliscono quante camere, spazi comuni o servizi può avere un hotel.
Nei centri storici, poi, i limiti sono ancora più severi: spesso è impossibile ampliare la struttura o introdurre funzioni moderne come spa, sale meeting o terrazze panoramiche. Il risultato? Molti alberghi italiani faticano a competere con gli standard internazionali.
Gran parte delle località turistiche italiane è soggetta a vincoli paesaggistici e culturali. Un valore prezioso, che tutela il patrimonio storico e ambientale, ma che comporta regole stringenti e tempi più lunghi per ogni intervento.
La sfida è trovare il giusto equilibrio tra tutela e innovazione, evitando che la rigidità delle norme penalizzi la modernizzazione delle strutture.
Un piano regolatore moderno potrebbe diventare una leva strategica.
Destinare aree alle funzioni turistiche, agevolare la conversione di edifici inutilizzati, incentivare la rigenerazione urbana attraverso investimenti privati: tutte azioni che favorirebbero la crescita del settore.
Il problema è che in molti Comuni i PRG sono fermi agli anni ’70-’80, con logiche non più adatte al turismo globale di oggi.
Un altro limite è la frammentazione. Ogni Comune applica criteri propri, creando una forte disomogeneità. Così, un progetto può essere approvato in una città e respinto nella città vicina. Per gli investitori questa incertezza è un ostacolo significativo: diventa difficile pianificare, soprattutto quando mancano regole uniformi e prevedibili.
Il piano regolatore non è solo un documento tecnico: è un vero e proprio fattore competitivo per una destinazione turistica.
Un PRG rigido e burocratico blocca lo sviluppo e condanna il patrimonio alberghiero a invecchiare. Un PRG moderno e flessibile, invece, attira capitali, valorizza gli immobili inutilizzati e sostiene una crescita sostenibile.
In un Paese come l’Italia, dove il turismo è una risorsa economica primaria, aggiornare e semplificare le regole urbanistiche non è più una questione di burocrazia: è una scelta strategica per il futuro del settore.
Roberto Necci
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